L’opera, inusuale per il panorama umbro, è oggi conservata presso il Museo Civico Rocca Flea di Gualdo Tadino: quasi due metri e venti di altezza per un metro e trenta di larghezza in cui l’artista raffigura, su di un abbagliante fondo oro, l’albero genealogico della stirpe di David. Così come ha promesso nel documento redatto presso la chiesa di Santa Maria dei Raccomandati, sede della confraternita committente, e committente in verità di molte opere artistiche, realizzate sia da Matteo che da suo figlio Girolamo, dal nipote Bernardo e prima da Bartolomeo di Tommaso, senza tener conto delle pareti della stessa struttura, che oggi conservano solo pochi lacerti di affresco ma un tempo completamente decorata. Da notare, a tal proposito, l’affinità delle pitture rimaste lungo la parete destra e la controfacciata, a sinistra dell’entrata, accostate dalla critica alla scuola di Bartolomeo di Tommaso ma per nulla estranee a Matteo: il profilo del San Rocco è sovrapponibile a quello di Gioacchino nell’Albero di Jesse.
I personaggi che compaiono nella tavola, in tondi creati da preziosi girali, descritti per nome, sono parte della genealogia di Cristo. Gli arbusti e i rami ideati per inscriverli si dipanano da un tronco, le cui radici affondano nel personaggio disteso, sulla parte bassa della tavola: Adamo. In alto, sotto l’Eterno, e in posizione centrale, la Madonna, inserita in un’abbacinante mandorla raggiata. Se le fonti bibliche per la scena vanno ricercate nella profezia di Isaia, “et egredietur virga de radice Iesse / et flos de radice eius ascendet (…)” ( e sorgerà dalla radice di Jesse un bastone, e un fiore dalla sua radice ascenderà. Isaia 11, 1 ss.), lo stile è stato avvicinato a modelli nordici. Forse Matteo entra in possesso di alcuni testi con su riportate incisioni di area tedesca che in quel periodo si stampano a Foligno, ma certo non si dimentica degli esempi del Crivelli e di Nicolò di Liberatore.
Il documento del 1497
L’Albero di Jesse fa parte dell’ultimo periodo di Matteo, quello più enigmatico, ricco di richiami simbolici, talvolta oscuro e scuro, almeno nei toni dei visi. Importante e suggestivo è il documento che si conserva riguardo la commissione della pala, di cui si riporta una parte.
“Al nome de Dio amen. Anno Domini 1497 a dì 16 de maggio, nella chiexia de Santa Maria de’ ricomandati. Noto et manifesto sia ad chi vederà, leggerà, o leggere sentirà questa presente scripta, o vero foglio, commo io Macteo de Pietro pentore de Gualdo, tolgho de depengere una tavola con la Conceptione della Nostra Donna dalli spectali homini (…) che io Macteo predicto sia obligato et deggha mectere el campo, dove sonno le figure, de oro fino; similiter le cornici pure ad oro fino sieno messe, excepto el bordone de fora; et degga mectere secondo parerà ad me; et cusì el piano del frigio. Et anche sia obligato et degga dicte figure, secondo rechederà, laorarle da culuri fini boni et recipienti, ad uso de bon magistro. (…)”