La peculiare attenzione al dettaglio di Girolamo viene confermata nel trittico di San Pellegrino, pur rientrando, questo, nella prima fase stilistica del pittore, quella più vicina a Matteo, più spigolosa e dura. La differenza tra padre e figlio è già evidente nel linguaggio finale, e qui Girolamo sembra legare perfettamente la ricerca della decorazione alla sua professione, abitudine confermata dai suoi strabilianti signa manus, i simboli notarili simili ai nostri sigilli, giacché Girolamo, come il padre e come il figlio Bernardo, è notaio e pittore; nella pala di Santa Maria delle Grazie sono in questo senso emblematici i garofanini, simbolo delle lacrime della Vergine, preconizzanti la Passione, che richiamano in maniera suggestiva i medesimi del padre per il trittico di Coldellanoce di Sassoferrato, datato alla fine degli anni ’80 del Quattrocento, che sicuramente Girolamo ha potuto vedere direttamente in esecuzione.
Girolamo ha un percorso necessariamente differente rispetto a quello paterno: nasce e cresce nella cifra stilistica del Rinascimento Eccentrico e quindi osservando direttamente esempi d’arte in casa sua, ma inizia a dipingere cercando di tradurre un suo linguaggio, inizialmente molto vicino a Matteo e poi, forse dopo la morte del padre, sempre più scostato, allontanandosi anche dalla matrice marchigiana, della quale rimane, se si vuol cercare nel dettaglio, solo l’Agabiti. Girolamo tenderà ai modi del Signorelli, guarderà al Perugino, al Pinturicchio, determinando così una seconda fase definita più quieta, meno incline ai linearismi duri e nervosi dell’ultimo periodo paterno, che pure, in qualche maniera, sembrano collegato alle vicende di vita dei due.
Il trittico, ascrivibile dunque alla prima fase del gualdese, raffigura la Vergine con devoti tra San Giacomo e San Pellegrino, guardati dall’alto dall’Eterno e due angeli. Se la parte superiore inizia a risentire di arie più umbre, signorelliane, il registro inferiore è ancora legato all’Eccentrico, con l’allungamento dei corpi rimarcato dalle torsioni talvolta irreali: emblematici i punti in comune con i calzari di San Giacomo e gli stessi decorati nella Pala di Nocera Umbra. Interessante il muro di fondo, che riprende, come la struttura e le colonnine centrali, il Trittico di Casacastalda del padre Matteo. Il viso della Vergine, così come le genti che a lei si rivolgono, ai suoi piedi, ricordano i tipi che Girolamo usa per l’Incontro tra Gioacchino e Anna alla Porta Aurea, versione simile alla pala nocerina del padre ma successiva, oggi conservata presso la Rocca Flea di Gualdo Tadino.
Girolamo sarà più volte a San Pellegrino: oltre alla tavola e alle due decorazioni a lui molto vicine in Santa Maria delle Grazie, raffiguranti San’Antonio abate e San Francesco, suoi gli affreschi della sacrestia nella chiesa dedicata al santo, con un’Incredulità di San Tommaso molto vicina alle decorazioni di Santa Maria di Laverino, in provincia di Macerata ma poco oltre il confine con Nocera Umbra, attribuite allo stesso Girolamo, e quindi una raffigurazione del Santo Pellegrino in controfacciata che sembra opera del suo primissimo periodo. Sempre nella sacrestia, cuore principale dell’antica chiesa di San Pellegrino, si alternano, nella seconda sala, due registri di affreschi. Da sinistra, e dall’alto, attribuibili a Girolamo, o a Matteo e Girolamo, una Madonna col Bambino in trono e San Francesco, una Crocefissione con un’intensa ricerca di sfondo, quel che resta di un San Cristoforo, quindi nella parte inferiore una Maestà molto vicina agli esempi sigillani di Girolamo, una Santissima Trinità e un San Sebastiano dall’elevata cifra stilistica per quel che concerne la ricercatezza anatomica.
Il Medioevo è ormai giunto al termine ma il trittico di Santa Maria delle Grazie, così come gli affreschi della chiesa maggiore, ci parla di antiche tradizioni: Girolamo raffigura il protettore del castello, il Santo Pellegrino, ma anche San Giacomo, San Cristoforo, San Sebastiano, rimarcando l’importanza del pellegrinaggio per un borgo un tempo centralissimo nella vita spirituale; sono le stesse antiche mulattiere che diventano strade romane, le antiche vie che assurgono a cammino di pellegrinaggio, è la storia che passa per l’Appennino, vi si ferma e ne esce completamente differente. Girolamo riceve poca attenzione fino alla seconda metà dello scorso secolo ma è interprete del cambiamento artistico e sociale, ed è, assieme al figlio Bernardo, l’erede della bottega paterna, che con loro si spegnerà, salvo alcuni esempi di sconosciuti allievi. E noi, umili spettatori, osserviamo in silenzio i dettagli che accompagnano questa lunga metamorfosi dell’uomo, nella quale siamo pienamente coinvolti.
Non ci resta che osservare la luce che gioca in silenzio.