1484

Madonna della Misericordia, Sant’Anna Metterza e Madonna in trono col Bambino (di Girolamo di Matteo da Gualdo)

“Alma Regina del Ciel coronata a lo Spirito Santo consacrata, noi ti preghiam con umili baci, che tu distenda il tuo nobil manto sopra questa devota compagnia, recoverando l’angoscioso pianto che questo popol che ti prega tanto […]”.
Reinterpretazione degli antifonari di XI secolo

Nel 1484 Matteo è chiamato a lavorare nel territorio di Sigillo, probabilmente dalla Confraternita di Sant’Anna. Realizzerà, a poca distanza l’una dall’altra, e forse con una prima assistenza del figlio Girolamo, due decorazioni murali a fresco presso la chiesa di Santa Maria di Villa Scirca, località a nord di Sigillo. I colori dell’Appennino sembrano mescolarsi alle nuove tendenze stilistiche plasmando delle immagini uniche, che raccontano la storia dell’arte e degli uomini.

Anche questo è il Rinascimento Eccentrico, una traduzione locale di un linguaggio nuovo, mediato in funzione del territorio e della sua società.

Matteo interpreta pienamente la fusione degli elementi classici e tardo-gotici in una dialettica che si fa via via più estrema e personale, lasciandoci l’immagine di sé che è quella di un uomo fortemente legato alla cultura del suo tempo, profondo conoscitore delle espressioni rinascimentali, anche quelle non prettamente peninsulari: alle arie padovane e pierfrancescane si mescolano i primi segni di grafismo. Dolcissimo è però il volto di Maria che stende il suo manto raggiato, impressionante il popolo inginocchiato, con papa Sisto IV e l’imperatore, Federico III o Massimiliano I d’Asburgo, inconsueto il tocco di Sant’Anna, che entra in contatto con Gesù Bambino in una singolare iconografia dalla simmetria rotta, richiamante esempi d’area fiamminga e germanica.

L'Opera

Ci troviamo presso la chiesa della Madonna Assunta in Cielo, anche detta Santa Maria di Scirca, o, più indietro nel tempo, Santa Maria di Montecupo, una delle più antiche del territorio di Sigillo, in località Villa Scirca. Siamo proprio nel cuore dell’Appennino, luogo frequentato da millenni, dai tratturi dei popoli protostorici ai romani, dall’alto Medioevo al Rinascimento pieno. Acqua, vento, montagna e cielo s’incrociano, e sembrano loro ispirare Matteo da Gualdo per quello che è il meraviglioso lavoro di decorazione della parete di destra. Entrando, in sequenza, la Madonna in trono col Bambino, nella quale si riconosce la mano del secondogenito del gualdese, Girolamo, quindi la Madonna della Misericordia e la Sant’Anna Metterza.

È l’attento lavoro dell’erudito assisiate Adamo Rossi, nel XIX secolo, a mettere in luce come, proprio sui bordi della cornice della Madonna della Misericordia, non era stato notato un dettaglio di fondamentale importanza. Un piccolo cartiglio, come spesso usa fare Matteo, riporta l’autore e la data: MA(CT)EUS PIN(SIT) SU(B) (ANNO DOMINI) MCCCCLXXXIIII. La datazione viene letta correttamente dallo storico Giustino Cristofani nel 1913: Matteo da Gualdo decora la chiesa nel 1484.

La Madonna della Misericordia di Villa Scirca è effettivamente la manifestazione di una lunga catena di immagini che hanno come elemento identitario Maria che stende il suo manto e lo sviluppa in aria come fosse un secondo firmamento, che va a proteggere tutti, indistintamente. È il motivo della Mater Misericordiae, o Mater omnium, madre di tutti per l’appunto, e l’immagine non lascia spazio a equivoci sulla generosa e indistinta protezione che la Vergine concede, e che si estrinseca anche attraverso l’elargizione di carità, speranza, salvezza, tutela spirituale ma anche fisica.

La Madonna della Misericordia di Villa Scirca è l’unica superstite di Matteo da Gualdo, benché ne esistesse un’altra raffigurazione, a noi nota solo per un reperto fotografico. Successiva a quella sigillana, l’opera, dipinta a fresco, decorava la zona absidale della chiesa dell’Assunzione di Santa Maria Vergine di Pieve di Compresseto, frazione di Gualdo Tadino. Alla fine del XIX secolo si avviarono i lavori per l’ampliamento della chiesa che comportò l’abbattimento della parete e la distruzione. Ci rimane solo uno scatto autografato e commentato dal parroco di allora, don Angelo del Ventura.

Sul capo della Maria rappresentata a Villa Scirca, dal dolce volto che è quasi un unicum, riconoscibilissima la corona, elemento devozionale tipico, che trova riscontro in un’antifona dell’XI secolo:
“Alma Regina del Ciel coronata a lo Spirito Santo consacrata, noi ti preghiam con umili baci, che tu distenda il tuo nobil manto sopra questa devota compagnia, recoverando l’angoscioso pianto che questo popol che ti prega tanto […]”.
E lo stende, il suo manto, la Mater Misericordiae di Scirca, lo fa sul suo “popolo” riunito. L’artista racchiude la scena in uno spazio compreso in un’elaborata cornice, come fosse una preziosa porta marmorea, riferimento a Maria come tramite per raggiungere il mistero di Dio. La struttura è finemente lavorata a girali e motivi floreali che richiamano il recupero classico d’aria squarcionesco-padovana. Sull’architrave delle rose si alternano a rombi e ci ricordano la scultura romana: sono sette, numero legato al misticismo, che qui potrebbe richiamare le tre virtù teologali – fede, speranza, carità – e le quattro cardinali – giustizia, temperanza, prudenza, fortezza -. La rosa accompagna da sempre, nell’arte, la figura di Maria, rimandando alla bellezza, alla grazia, alla maestà, alla perfezione e all’incorruttibilità. Lo stesso Dante, nel XXXI canto del Paradiso, descrive la disposizione dei beati nel Cielo parlando di una candida rosa attorno alla quale volteggiano gli angeli, simili a sciami di api sui fiori.

Il manto della Vergine si apre dunque in maniera leggiadra e composta, trattenuto elegantemente: il tessuto, impreziosito dai decori raggiati che anticipano il concetto di Immacolata Concezione, ap-pare meticolosamente ricercato nel panneggio e nelle ombre, come se l’artista avesse tenuto conto della luce naturale che entrava ed entra nella chiesa, direttamente al tramonto, da occidente.

“Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”, racconta l’Apocalisse, mentre una popolare melodia mariana rielabora un versetto del Cantico dei Cantici: “Tota pulchra es, Maria, et macula originalis non est in te”, “Tutta bella sei, Maria, e in te non c’è la macchia originale del peccato”.

La veste, che scende come fosse una statua classica, come fosse l’austero, nobile e autoritario peplo, fermato in vita da una cintura, segue coerentemente le ombre già presenti nel mantello. È color prugna, violaceo, tinta che, assieme ai fiordalisi stampigliati, preannuncia e partecipa alla Passione del Figlio.

Ai piedi della Vergine di Scirca potrebbe quindi essere riconoscibile Sisto IV, ovvero Francesco della Rovere, al cui nome è legata una rinascita della devozione mariana che lo stesso pontefice promosse, e non solo a livello liturgico ma anche nell’arte, di cui fu grande e indiscusso mecenate: si ricordi solo, ad esempio, la Cappella Sistina. Sulla sua figura pendeva però anche una macchia, almeno per i suoi contemporanei, un velo d’ombra che noi conosciamo col nome di “Congiura dei Pazzi”, alla quale prese parte, verificatasi solo sei anni prima della realizzazione dell’affresco di Scirca. Poco oltre il pontefice l’imperatore, Federico III o suo figlio Massimiliano I d’Asburgo, quest’ultimo molto legato alla devozione di Sant’Anna, quindi tutto il popolo riunito e il committente, probabilmente della famiglia Adriani o dei di Niccolò.

 

A sinistra della Mater Misericordiae una Sant’Anna Metterza: il significato del nome pare derivare dal volgare toscano due-trecentesco stante per “mi è terza”, spiegando cioè come Anna compaia insieme a Maria e Gesù, ma l’etimologia non risulta ad oggi per nulla chiara. Nel Medioevo pieno compare una differenza non da poco rispetto alla raffigurazione antica: Sant’Anna tiene in braccio Maria ma questa viene raffigurata col Bambino. Lo schema è preciso, matematico, geometrico, ieratico, tanto da richiamare l’iconografia bizantina. In Matteo si era già avuto l’esempio della sua probabile prima opera a fresco, la stessa Sant’Anna Metterza presso la chiesa di San Francesco di Gualdo Tadino, datata alla fine degli anni ’50 del Quattrocento, che sembra quasi richiamare la Sedes Sapientiae, o Nicopoia, con i personaggi frontali, in asse perfetto. A Villa Scirca la simmetria è violata, richiamando in qualche maniera modelli nordeuropei, con un maggior avvicinamento tra le figure. Lo snodo è cruciale: nell’arte peninsulare, per una motivazione teologica e gerarchica, si evita di porre il Bambino a contatto diretto con Sant’Anna.

L’immagine che Matteo dipinge sembra così derivare da una profonda conoscenza dei modelli medievali ma tende a rassomigliare alle tipologie di Anna Selbdritt d’area tedesca. Non sarebbe stata la prima volta: di lì a qualche anno sarà l’Albero di Jesse a chiarire i modelli nordici, probabilmente sopraggiunti nella bottega del notaio-pittore tramite le stampe che circolavano nel folignate. Il materiale che il gualdese può verosimilmente vedere è in verità composto da fogli sciolti, spesso contenenti preghiere contro la peste, detti Pestblätter, o cataloghi di reliquie, detti Heiltumsbücher.

Sant’Anna è oggi la patrona di Sigillo ma il suo culto viene inserito nel calendario romano nel 1481, proprio da papa Sisto IV, nell’affresco accanto, e promosso in quel rinnovato fervore mariano volto anche a far accettare la dottrina dell’Immacolata Concezione, altro tema molto trattato da Matteo da Gualdo, che ritroviamo nel già citato Albero di Jesse e nell’Incontro tra Gioacchino e Anna alla Porta Aurea di Nocera Umbra, ma anche da Girolamo, con lo stesso Incontro alla Porta Aurea che si rifà al modello paterno, commissionatigli dalla Confraternita di Santa Maria dei Raccomandati di Gualdo Tadino. Sotto Massimiliano I d’Asburgo si moltiplicano le confraternite in onore di Sant’Anna e il suo culto, considerato vicino per il contatto che la stessa ha l’onore di avere con la Vergine e con il Cristo, risente di un grande fervore. Lo stesso imperatore è membro di una con-fraternita dedicata a Sant’Anna, la Annenbruderschaft di Worms.

Assisa su di un trono impreziosito da richiami al classico d’area padovana, con decorazioni floreali che ci paiono rassomigliare al cosiddetto Fiore di Sant’Anna – il camenerio o garofanino di bosco, ovvero Epilobium angustifolium, che fiorisce il 26 luglio -, la madre della Vergine non presenta affatto la tipologia di volto tipizzata di Matteo, che è invece richiamata in Maria, non distante nei tratti dalla stessa che riceve la regola da San Francesco e dalla Madonna in trono col Bambino tra San Francesco e San Secondo (o Sebastiano), presso la chiesa di San Francesco di Gualdo Tadino. La particolarità e l’enfasi dei tratti somatici possono confermare l’importanza che la committenza voleva conferire alla santa. La Madonna, dalla candida veste, sostiene il Bambino che porta il corallo, simbolo che preannuncia la Passione.

 

Il primo affresco entrando, sempre sulla parete destra della chiesa adagiata ai piedi del Monte Cucco, rappresenta invece la Vergine col Bambino. Gesù tiene in mano un coniglietto, attributo omologo all’agnello che sottintende la Passione. Il contesto architettonico in cui si inserisce la scena presenta un trono monumentale absidato che richiama ancora i tratti del classico ma che risente anche di modelli marchigiani, come quelli offerti da Cola di Pietro da Camerino. Al solito allungamento delle forme si accompagna una tipizzazione dei volti che presenta però alcuni tratti discordanti rispetto a quelli visti negli altri due dipinti murali descritti. Occhi, naso, bocca e colori ci riportano in un ambiente più umbro e ci lasciano intendere una mano diversa: la Madonna in trono col Bambino di Villa Scirca potrebbe quindi lasciar intendere la personalità di Girolamo, figlio secondogenito di Matteo.

PAPA E IMPERATORE: IL POTERE UNIVERSALE

Tra il popolo inginocchiato, ai piedi della Madonna della Misericordia di Villa Scirca, due figure dalla particolare fisionomia richiamano l’attenzione di chi osserva: in primo piano è papa Sisto IV, Francesco della Rovere, noto per i grandi interventi di monumentalizzazione di Roma, culminanti nella ricostruzione e la parziale decorazione della Cappella Palatina del Palazzo Apostolico, più nota al mondo con il nome di Cappella Sistina, alla quale contribuiscono artisti come Mino da Fiesole, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino, Luca Signorelli e il Pinturicchio. Il della Rovere è mecenate, grande umanista, amante dell’arte e acuto teologo: tra i suoi scritti diverrà cruciale la difesa del dogma dell’Immacolata Concezione. Sisto IV è pienamente coinvolto nei fatti politici del suo tempo: vicino al territorio di Sigillo anche per i suoi contatti con Federico da Montefeltro, al quale fa dono della Rosa d’oro, è ricordato anche per aver preso parte, seppur indirettamente, ad uno dei fatti più altisonanti del suo tempo, la “Congiura dei Pazzi”, nella quale pare implicato anche lo stesso Federico.

In secondo piano, proprio accanto al pontefice, quello che ci appare come un sovrano, e forse proprio l’imperatore, Massimiliano I d’Asburgo o suo padre Federico III. Se al primo è intimamente collegata la devozione per Sant’Anna, comune al sovrano stesso e al territorio sigillano, al secondo è invece meglio connessa la grande passione per le reliquie e il mecenatismo: i libri da lui raccolti formano il nucleo principale della Bibliotheca Regia, antesignana della Biblioteca Imperiale e dell’attuale Biblioteca Nazionale Austriaca (Österreichische Nationalbibliothek). D’ambito tedesco, e comuni all’area compresa tra Baviera e Tirolo, i fogli sciolti con su stampate preghiere e reliquie, Pestblätter e Heiltumsbücher, con i quali forse l’artista gualdese entra in contatto, traendo iconografie d’ambito nordeuropeo.

UNA SIMMETRIA VIOLATA

Dettaglio in cui si percepisce il diretto contatto tra Sant’Anna e Gesù Bambino, probabilmente derivante da iconografie d’area nordeuropea. Il più antico affresco medievale con l’immagine della madre di Maria proviene dall’abside della chiesa di San Giorgio, ad Alemanno San Salvatore, presso Bergamo, forse anche precedente all’Anna Selbdritt (Metterza) di Stralsund del 1260, considerata talvolta archetipica.

TOTA PULCHRA ES

I meravigliosi colori e gli stupendi tratti della Madonna della Misericordia di Matteo da Gualdo. “Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”, racconta l’Apocalisse, mentre una popolare melodia mariana rielabora un versetto del Cantico dei Cantici: “Tota pulchra es, Maria, et macula originalis non est in te”, “Tutta bella sei, Maria, e in te non c’è la macchia originale del peccato”.

Un coro d’angeli e un cielo lapislazzuli fanno da sfondo a Maria, incoronata e ferma ma non rigida, così come la veste, che scende come fosse una statua classica, fermata in vita da una cintura e seguendo coerentemente le ombre già presenti nel mantello: queste sembrano essere calcolate in base alla luce naturale che filtra dal portale della chiesa, orientata verso occidente, segno distintivo della sua antichità.

In secondo piano, proprio accanto al pontefice, quello che ci appare come un sovrano, e forse proprio l’imperatore, Massimiliano I d’Asburgo o suo padre Federico III. Se al primo è intimamente collegata la devozione per Sant’Anna, comune al sovrano stesso e al territorio sigillano, al secondo è invece meglio connessa la grande passione per le reliquie e il mecenatismo: i libri da lui raccolti formano il nucleo principale della Bibliotheca Regia, antesignana della Biblioteca Imperiale e dell’attuale Biblioteca Nazionale Austriaca (Österreichische Nationalbibliothek). D’ambito tedesco, e comuni all’area compresa tra Baviera e Tirolo, i fogli sciolti con su stampate preghiere e reliquie, Pestblätter e Heiltumsbücher, con i quali forse l’artista gualdese entra in contatto, traendo iconografie d’ambito nordeuropeo.

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